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Thingol
3 partecipanti
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Thingol
A tutti i giocatori!!
Qui seguirà il mio bg ecc ecc...
Ovviamente, leggete pure o giocatori, ma i pg non devono sapere nulla!!
Ecco il simbolo al collo di Thingol:
Qui seguirà il mio bg ecc ecc...
Ovviamente, leggete pure o giocatori, ma i pg non devono sapere nulla!!
Ecco il simbolo al collo di Thingol:
Ultima modifica di Babbuino il Lun Feb 23, 2009 12:20 am - modificato 1 volta.
il Babbuino- Capitano
- Numero di messaggi : 663
Data d'iscrizione : 11.02.09
Età : 103
BG Thingol
ELWË (THINGOL) VYSHAN
Quando, durante la Seconda migrazione, gli elfi dorati giunsero a Faerûn dalle lontane terre delle Fate, insieme con gli elfi d’argento e quelli oscuri, essi costituirono dei potenti e magnifici regni.
Uno di questi, Aryvandar, sorgeva sulle terre oggi chiamate Costa della Spada, e si estendeva per centinaia e centinaia di miglia attraverso foreste e montagne. Tanto grande era la sua prosperità, tanto ricco di magia e tesori di ogni genere, che esso era considerato il più potente tra i regni degli elfi.
Sotto la guida dalla Casa reale Vyshan, più di diecimila anni fa gli elfi di Aryvandar cercarono di conquistare tutte le terre di Faerûn, con l’intento di civilizzare le tribù barbare che le popolavano e di eliminare ogni traccia di male dal continente. Fu l’inizio delle Guerre della corona. Grande era infatti la resistenza opposta ai Vyshani dalle tribù dei drow, degli orchi, dei goblin e degli uomini.
Un gruppo di colonizzatori fu allora inviato dal Re di Aryvandar per mare, alla ricerca di una terra dove gli elfi potessero costruire un estremo rifugio, lontano da Faerûn e dalle guerre terribili che la sconvolgevano. La terra che essi trovarono fu Evermeet, che da allora prospera rigogliosa.
Nel -3983 DR la Casa Vyshan fu detronizzata dai clan elfici del Regno di Cormanthyr e dai loro alleati, e Aryvandar cadde, devastata dalle truppe nemiche. Una sola famiglia della Casa Vyshan, che era lontana dal trono nella linea di successione, sopravvisse al massacro e fuggì in nave a Evermeet.
Sull’isola, gli ultimi Vyshan – esiliati e privati del loro onore dalla Corte di Myth Drannor, costituita per porre fine alle Guerre della corona – trovarono rifugio presso la famiglia reale, loro antica alleata.
Da tempo ormai il clan Vyshan si è rassegnato alla perdita del proprio posto tra le famiglie reali, e ha accettato di servire e proteggere i propri ospiti a Evermeet con riconoscenza e fedeltà. Di certo, però, mai accetterà di essere ricordato dagli elfi di Faerûn come un clan privo di onore, da ricordare con disprezzo. Ogni membro della Casa cerca la maniera di rimediare agli errori del passato. Alcuni desiderano dimostrare che i Vyshan hanno ben altro nel loro cuore oltre alla guerra ed alla conquista; altri, invece, ritengono che con la propria forza siano in grado di provare che senza di loro Faerûn è un luogo meno sicuro.
Elwë nacque 186 anni fa ad Evermeet. Primo figlio ed erede della Casa Vyshan, ancora ospite presso la Corte del Re, fu cresciuto nel migliore dei modi: educato da precettori alla cultura ed alle tradizioni elfiche, addestrato nelle arti magiche, nella scherma e nel tiro con l’arco.
Benché senz’altro dotato di acume, Elwë non dimostrava però le abilità necessarie a fare di lui un potente mago, depositario dell’immensa scienza arcana degli elfi. Molto più interessanti per lui erano le letture delle antiche epopee, gli allenamenti all’aria aperta con la spada e l’arco, le corse, i giochi, l’arte e… lei.
Lindórië è la figlia del Re di Evermeet, una creatura di incantevole bellezza, dall’animo buono, fiero e libero. Di lei potrebbe cadere innamorato anche un dio. Ma sin da piccola Lindórië è predestinata dal fato ad una grande impresa: guidare il popolo degli elfi di Faerûn al sicuro, per scampare ad un nuovo ed orribile disastro che accadrà nel lontano futuro.
Da sempre innamorato della giovane Lindórië, Elwë non ha mai saputo aprire il cuore e rivelare i suoi sentimenti. D’altro canto, nulla gli sarebbe concesso: la sua famiglia non potrebbe aspirare ad una simile unione, proibita dalla Corte di Myth Drannor e, inoltre, la profezia che fa di Lindórië una predestinata, porterebbe le loro strade a dividersi, nel momento in cui lei partirà per Faerûn, terra dalla quale i Vyshan sono esiliati.
Ma mai Corellon ha gradito la rinuncia e la mancanza di iniziativa!
Elwë, addestrato alla scherma e fervente guerriero del dio degli elfi, decide allora di viaggiare fino a Faerûn, contravvenendo agli ordini imposti dalla Corte di Cormanthyr. Nella Costa della Spada egli sarà conosciuto come Thingol, Manto oscuro, e saprà guadagnarsi fama e onore difendendone gli abitanti. Un giorno, allora, potrà finalmente rivelarsi come l’erede di Vyshan, da eroe, e l’esilio verrà cancellato. Quando il momento giungerà, poi, ed una nave salpata da Evermeet approderà portando con sé l’amata Lindórië, egli sarà sulla riva ad accoglierla, circondato da un esercito fedele, pronto a servirla nella sua impresa.
Quando, durante la Seconda migrazione, gli elfi dorati giunsero a Faerûn dalle lontane terre delle Fate, insieme con gli elfi d’argento e quelli oscuri, essi costituirono dei potenti e magnifici regni.
Uno di questi, Aryvandar, sorgeva sulle terre oggi chiamate Costa della Spada, e si estendeva per centinaia e centinaia di miglia attraverso foreste e montagne. Tanto grande era la sua prosperità, tanto ricco di magia e tesori di ogni genere, che esso era considerato il più potente tra i regni degli elfi.
Sotto la guida dalla Casa reale Vyshan, più di diecimila anni fa gli elfi di Aryvandar cercarono di conquistare tutte le terre di Faerûn, con l’intento di civilizzare le tribù barbare che le popolavano e di eliminare ogni traccia di male dal continente. Fu l’inizio delle Guerre della corona. Grande era infatti la resistenza opposta ai Vyshani dalle tribù dei drow, degli orchi, dei goblin e degli uomini.
Un gruppo di colonizzatori fu allora inviato dal Re di Aryvandar per mare, alla ricerca di una terra dove gli elfi potessero costruire un estremo rifugio, lontano da Faerûn e dalle guerre terribili che la sconvolgevano. La terra che essi trovarono fu Evermeet, che da allora prospera rigogliosa.
Nel -3983 DR la Casa Vyshan fu detronizzata dai clan elfici del Regno di Cormanthyr e dai loro alleati, e Aryvandar cadde, devastata dalle truppe nemiche. Una sola famiglia della Casa Vyshan, che era lontana dal trono nella linea di successione, sopravvisse al massacro e fuggì in nave a Evermeet.
Sull’isola, gli ultimi Vyshan – esiliati e privati del loro onore dalla Corte di Myth Drannor, costituita per porre fine alle Guerre della corona – trovarono rifugio presso la famiglia reale, loro antica alleata.
Da tempo ormai il clan Vyshan si è rassegnato alla perdita del proprio posto tra le famiglie reali, e ha accettato di servire e proteggere i propri ospiti a Evermeet con riconoscenza e fedeltà. Di certo, però, mai accetterà di essere ricordato dagli elfi di Faerûn come un clan privo di onore, da ricordare con disprezzo. Ogni membro della Casa cerca la maniera di rimediare agli errori del passato. Alcuni desiderano dimostrare che i Vyshan hanno ben altro nel loro cuore oltre alla guerra ed alla conquista; altri, invece, ritengono che con la propria forza siano in grado di provare che senza di loro Faerûn è un luogo meno sicuro.
Elwë nacque 186 anni fa ad Evermeet. Primo figlio ed erede della Casa Vyshan, ancora ospite presso la Corte del Re, fu cresciuto nel migliore dei modi: educato da precettori alla cultura ed alle tradizioni elfiche, addestrato nelle arti magiche, nella scherma e nel tiro con l’arco.
Benché senz’altro dotato di acume, Elwë non dimostrava però le abilità necessarie a fare di lui un potente mago, depositario dell’immensa scienza arcana degli elfi. Molto più interessanti per lui erano le letture delle antiche epopee, gli allenamenti all’aria aperta con la spada e l’arco, le corse, i giochi, l’arte e… lei.
Lindórië è la figlia del Re di Evermeet, una creatura di incantevole bellezza, dall’animo buono, fiero e libero. Di lei potrebbe cadere innamorato anche un dio. Ma sin da piccola Lindórië è predestinata dal fato ad una grande impresa: guidare il popolo degli elfi di Faerûn al sicuro, per scampare ad un nuovo ed orribile disastro che accadrà nel lontano futuro.
Da sempre innamorato della giovane Lindórië, Elwë non ha mai saputo aprire il cuore e rivelare i suoi sentimenti. D’altro canto, nulla gli sarebbe concesso: la sua famiglia non potrebbe aspirare ad una simile unione, proibita dalla Corte di Myth Drannor e, inoltre, la profezia che fa di Lindórië una predestinata, porterebbe le loro strade a dividersi, nel momento in cui lei partirà per Faerûn, terra dalla quale i Vyshan sono esiliati.
Ma mai Corellon ha gradito la rinuncia e la mancanza di iniziativa!
Elwë, addestrato alla scherma e fervente guerriero del dio degli elfi, decide allora di viaggiare fino a Faerûn, contravvenendo agli ordini imposti dalla Corte di Cormanthyr. Nella Costa della Spada egli sarà conosciuto come Thingol, Manto oscuro, e saprà guadagnarsi fama e onore difendendone gli abitanti. Un giorno, allora, potrà finalmente rivelarsi come l’erede di Vyshan, da eroe, e l’esilio verrà cancellato. Quando il momento giungerà, poi, ed una nave salpata da Evermeet approderà portando con sé l’amata Lindórië, egli sarà sulla riva ad accoglierla, circondato da un esercito fedele, pronto a servirla nella sua impresa.
Ultima modifica di Babbuino il Sab Feb 28, 2009 7:39 pm - modificato 1 volta.
il Babbuino- Capitano
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Età : 103
Aspetto fisico
Alto circa 1,60m, Thingol è di corporatura minuta, snella ed asciutta, benché i suoi muscoli siano ben sviluppati e i suoi movimenti tradiscano grazia e velocità.
La pelle è del colore del miele, del bronzo e del legno, mentre i suoi capelli, lunghi e raccolti in trecce lungo la schiena, sono neri e folti.
Sono gli occhi color dell'oro a tradire immediatamente la sua origine non umana. Dalle orecchie, poi, lunghe ed appuntite in cima, e dalla conformazione ossea del cranio, tale da conferire al suo viso una bellezza aliena agli occhi degli uomini, l'osservatore più informato ed educato potrà capire che si trova davanti ad un esponente della nobile razza degli elfi del sole.
Thingol, che veste abiti da viandante, indossa un'armatura di cuoio di abile fattura, morbida ma resistente allo stesso tempo, e rinforzata da borchie in acciaio. Inoltre, un ampio mantello verde scuro avvolge l'elfo e può nasconderne le fattezze.
Le mani, il collo e le braccia dell'elfo sono coperte di disegni, simili a tatuaggi, dalle forme irregolari e fantasiose, e che probabilmente adornano anche porzioni del corpo coperte da vestiti ed armatura.
L'elfo è armato.
Porta con se un arco, agganciato allla schiena da strisce di cuoio, e al fianco sinistro porta una faretra.
Dalla spalla sinistra sporge l'elsa di una lunga spada a due mani, contenuta in un fodero sottile legato alla schiena, vicino all'arco.
La pelle è del colore del miele, del bronzo e del legno, mentre i suoi capelli, lunghi e raccolti in trecce lungo la schiena, sono neri e folti.
Sono gli occhi color dell'oro a tradire immediatamente la sua origine non umana. Dalle orecchie, poi, lunghe ed appuntite in cima, e dalla conformazione ossea del cranio, tale da conferire al suo viso una bellezza aliena agli occhi degli uomini, l'osservatore più informato ed educato potrà capire che si trova davanti ad un esponente della nobile razza degli elfi del sole.
Thingol, che veste abiti da viandante, indossa un'armatura di cuoio di abile fattura, morbida ma resistente allo stesso tempo, e rinforzata da borchie in acciaio. Inoltre, un ampio mantello verde scuro avvolge l'elfo e può nasconderne le fattezze.
Le mani, il collo e le braccia dell'elfo sono coperte di disegni, simili a tatuaggi, dalle forme irregolari e fantasiose, e che probabilmente adornano anche porzioni del corpo coperte da vestiti ed armatura.
L'elfo è armato.
Porta con se un arco, agganciato allla schiena da strisce di cuoio, e al fianco sinistro porta una faretra.
Dalla spalla sinistra sporge l'elsa di una lunga spada a due mani, contenuta in un fodero sottile legato alla schiena, vicino all'arco.
Ultima modifica di Babbuino il Sab Feb 28, 2009 10:27 pm - modificato 2 volte.
il Babbuino- Capitano
- Numero di messaggi : 663
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Età : 103
Dal Diario di Thingol 01
Quella sera ero accampato nelle pianure a sud dei Nidi di Grifone. Mi dirigevo verso quella meta con l'intenzione di prendere un uovo di quei magnifici animali, aspettare che si schiudesse e allevare così una nobile cavalcatura.
La notte era oramai scesa e la luna rischiarava il cielo di raggi argentei.
In pace, immerso nei rumori della natura, riposavo la mente, mentre le mie mani si allenavano nella nobile arte dell'intaglio del legno.
La figura che prendeva forma nelle mie mani era lei, Lindórië, mentre danzava. Era un ricordo nitido. La sua bellezza, la sua grazia, mentre volteggiava nella sala delle feste del Grande Albero...
All'improvviso, però, tutto cambiò. Qualcosa era penetrato con irruenza nell'ambiente. Non aveva badato a confondere i propri passi con i suoni delle piante e degli animali. Non aveva pensato di usare circospezione per evitare gli sguardi di possibili predatori. E per di più era sottovento.
Dai rumori, sembrava un gruppo di umanoidi intelligenti. Troppo lontani per comprenderne la lingua, ma sembravano parole quelle.
Guardai la statuetta che avevo oramai finito di estrarre dal legno. Era bella, ma imperfetta. Tra qualche anno, forse, avrei raggiunto una sufficiente padronanza dell'arte, ma per ora... La misi via, l'avrei gettata nel fuoco più tardi.
Stavano accampandosi. Ovviamente, senza prestare la benché minima cura per non farsi notare.
Ora potevo scorgerli: erano tre maschi umani ed una femmina, e un mezzuomo inoltre! Curioso.
Briganti, forse? Gli umani sono capaci di tutto... Mi chiedevo se fosse il caso di fuggire ed evitare ogni contatto. Non mi avrebbero mai raggiunto. Erano a piedi e io avevo la mia cavalla, Eowil.
Ma poi... qualcosa mi fermò. Erano passate settimane oramai dal mio sbarco a Faerûn, ed avevo voglia di conoscere qualcosa di più sulle razze più giovani.
Mi nascosi nell'erba, in attesa. L'arco era pronto ad essere teso e a scoccare una freccia.
Avevano notato il mio fuoco. Ma non mi avevano visto... Sembravano totalmente incuranti del rischio che un viandante sconosciuto accampato nei loro paraggi potesse rappresentare una minaccia e continuavano i preparativi per montare le tende.
Ad un tratto, però, udiì un bisbiglio, e poi un oggetto luminoso, lanciato dal gruppo, cadde vicino al mio fuoco, rischiarando la zona. A quanto pare qualcuno di loro conosceva la magia, e aveva incantato un sasso con l'incantesimo di Luce... molto interessante!
Mi avvicinai, appiattito contro la terra, nascosto nell'erba, verso il loro accampamento, per poterli vedere meglio.
Due dei maschi umani sembravano guerrieri: uno indossava un'armatura pesante di foggia a me sconosciuta, uno scudo e brandiva una spada lunga; per di più, aveva al collo un simbolo sacro, di una divinità che non conoscevo. L'altro, invece, era armato in maniera più leggera ed aveva al fianco una scimitarra ed in mano una lancia da caccia. Il terzo maschio umano era evidentemente il mago, coperto da una lunga tunica ed incappucciato. La femmina, invece, si stava togliendo un'armatura pesante e sotto di essa... il simbolo di Selùne! Era una sacerdotessa di una divinità alleata con Corellon e i Seldarine! Questa sì che era una gradita sorpresa...
Il mezzuomo invece, armato di balestra, era il più guardingo... tanto che, per un momento di distrazione, sfuggì al mio sguardo e non riusciì più a ritrovarlo.
Sguainata Serendil, la mia lama, proseguiì verso l'accampamento. Gli umani erano ancora ignari...
In quel momento lo vidi. Era davanti a me, accovacciato nell'erba, la balestra puntata verso di me. Mi aveva visto, ma io avevo visto lui. Gli parlai. Gli dissi di abbassare l'arma.
Non sembrava aver capito la situazione. Poi, però, intuiì. Aveva visto un ombra, ma non riusciva a distinguermi in quello che per lui era solo buio... povere razze giovani, prive dei doni con i quali Corellon ha voluto benedire i suoi figli...
Volevo rassicurarlo, avevo voglia di conversare con questi esseri, ma come? ...improvvisamente sentiì provenire dall'accampamento un odore conosciuto: era thé!
Gli chiesi allora di essere gentile, e di offrire ad un viandante una tazza del loro thé.
Il mezzuomo sembrò tranquillizzarsi circa le miei intenzioni non ostili. Parlava la lingua comune.
Insieme abbassammo le armi ed egli mi guidò alla luce dell'accampamento, avvertendo i suoi compagni.
Seduto accanto al fuoco di questi uomini, bevendo il loro thé dal gusto forte, conversando, notaì il loro stupore alla vista di un elfo del sole. Non era una novità, certo. Ci sappiamo nascondere bene.
Quella sera conobbi Lyrae, sacerdotessa di Selùne; Cornelius il mago; Leone il cavaliere; Aaron, affascinato dalla natura; e Dorchadas il mezzuomo.
Poiché il thé mi aveva ristorato e non avvertivo stanchezza, mi proposi di vegliare sul loro sonno: infatti, qualcuno li stava inseguendo e non aveva buone intenzione. Non avrei mai permesso che una sacerdotessa di Selùne fosse braccata come una lepre in una battuta di caccia! I Nidi di Grifone potevano attendere...
La notte era oramai scesa e la luna rischiarava il cielo di raggi argentei.
In pace, immerso nei rumori della natura, riposavo la mente, mentre le mie mani si allenavano nella nobile arte dell'intaglio del legno.
La figura che prendeva forma nelle mie mani era lei, Lindórië, mentre danzava. Era un ricordo nitido. La sua bellezza, la sua grazia, mentre volteggiava nella sala delle feste del Grande Albero...
All'improvviso, però, tutto cambiò. Qualcosa era penetrato con irruenza nell'ambiente. Non aveva badato a confondere i propri passi con i suoni delle piante e degli animali. Non aveva pensato di usare circospezione per evitare gli sguardi di possibili predatori. E per di più era sottovento.
Dai rumori, sembrava un gruppo di umanoidi intelligenti. Troppo lontani per comprenderne la lingua, ma sembravano parole quelle.
Guardai la statuetta che avevo oramai finito di estrarre dal legno. Era bella, ma imperfetta. Tra qualche anno, forse, avrei raggiunto una sufficiente padronanza dell'arte, ma per ora... La misi via, l'avrei gettata nel fuoco più tardi.
Stavano accampandosi. Ovviamente, senza prestare la benché minima cura per non farsi notare.
Ora potevo scorgerli: erano tre maschi umani ed una femmina, e un mezzuomo inoltre! Curioso.
Briganti, forse? Gli umani sono capaci di tutto... Mi chiedevo se fosse il caso di fuggire ed evitare ogni contatto. Non mi avrebbero mai raggiunto. Erano a piedi e io avevo la mia cavalla, Eowil.
Ma poi... qualcosa mi fermò. Erano passate settimane oramai dal mio sbarco a Faerûn, ed avevo voglia di conoscere qualcosa di più sulle razze più giovani.
Mi nascosi nell'erba, in attesa. L'arco era pronto ad essere teso e a scoccare una freccia.
Avevano notato il mio fuoco. Ma non mi avevano visto... Sembravano totalmente incuranti del rischio che un viandante sconosciuto accampato nei loro paraggi potesse rappresentare una minaccia e continuavano i preparativi per montare le tende.
Ad un tratto, però, udiì un bisbiglio, e poi un oggetto luminoso, lanciato dal gruppo, cadde vicino al mio fuoco, rischiarando la zona. A quanto pare qualcuno di loro conosceva la magia, e aveva incantato un sasso con l'incantesimo di Luce... molto interessante!
Mi avvicinai, appiattito contro la terra, nascosto nell'erba, verso il loro accampamento, per poterli vedere meglio.
Due dei maschi umani sembravano guerrieri: uno indossava un'armatura pesante di foggia a me sconosciuta, uno scudo e brandiva una spada lunga; per di più, aveva al collo un simbolo sacro, di una divinità che non conoscevo. L'altro, invece, era armato in maniera più leggera ed aveva al fianco una scimitarra ed in mano una lancia da caccia. Il terzo maschio umano era evidentemente il mago, coperto da una lunga tunica ed incappucciato. La femmina, invece, si stava togliendo un'armatura pesante e sotto di essa... il simbolo di Selùne! Era una sacerdotessa di una divinità alleata con Corellon e i Seldarine! Questa sì che era una gradita sorpresa...
Il mezzuomo invece, armato di balestra, era il più guardingo... tanto che, per un momento di distrazione, sfuggì al mio sguardo e non riusciì più a ritrovarlo.
Sguainata Serendil, la mia lama, proseguiì verso l'accampamento. Gli umani erano ancora ignari...
In quel momento lo vidi. Era davanti a me, accovacciato nell'erba, la balestra puntata verso di me. Mi aveva visto, ma io avevo visto lui. Gli parlai. Gli dissi di abbassare l'arma.
Non sembrava aver capito la situazione. Poi, però, intuiì. Aveva visto un ombra, ma non riusciva a distinguermi in quello che per lui era solo buio... povere razze giovani, prive dei doni con i quali Corellon ha voluto benedire i suoi figli...
Volevo rassicurarlo, avevo voglia di conversare con questi esseri, ma come? ...improvvisamente sentiì provenire dall'accampamento un odore conosciuto: era thé!
Gli chiesi allora di essere gentile, e di offrire ad un viandante una tazza del loro thé.
Il mezzuomo sembrò tranquillizzarsi circa le miei intenzioni non ostili. Parlava la lingua comune.
Insieme abbassammo le armi ed egli mi guidò alla luce dell'accampamento, avvertendo i suoi compagni.
Seduto accanto al fuoco di questi uomini, bevendo il loro thé dal gusto forte, conversando, notaì il loro stupore alla vista di un elfo del sole. Non era una novità, certo. Ci sappiamo nascondere bene.
Quella sera conobbi Lyrae, sacerdotessa di Selùne; Cornelius il mago; Leone il cavaliere; Aaron, affascinato dalla natura; e Dorchadas il mezzuomo.
Poiché il thé mi aveva ristorato e non avvertivo stanchezza, mi proposi di vegliare sul loro sonno: infatti, qualcuno li stava inseguendo e non aveva buone intenzione. Non avrei mai permesso che una sacerdotessa di Selùne fosse braccata come una lepre in una battuta di caccia! I Nidi di Grifone potevano attendere...
Ultima modifica di Babbuino il Sab Feb 28, 2009 7:36 pm - modificato 1 volta.
il Babbuino- Capitano
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Età : 103
Compliments
Ho letto e devo dire che hai del talento narrativo. Mi piace, si si, mi piace ^^
Nonnina Oog- Graduato
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Data d'iscrizione : 04.11.08
Serendil
Caratteristiche:
Elven courtblade
danni: 1d10 critico: 18-20 x2 tipo: da punta o da taglio
speciali: arma a due mani esotica, ma vale come arma leggera ai fini di utilizzare il talento weapon finesse.
Per gentile concessione del master, Serendil è di ottima fattura: arma perfetta, +1 al bonus di attacco.
(da Races of the Wild)
Aspetto:
E' una spada molto lunga (circa un metro e mezzo) ed eccezionalmente sottile, tanto che la punta sembra simile a quella di un fioretto.
Una lama è affilata per l'intera lunghezza della spada, mentre l'altra solo per il quarto più vicino alla punta, dove la spada si incurva leggermente a mo' di scimitarra.
L'elsa è lunga e adornata da un paramano intarsiato nella forma di foglie. Il pomello è invece molto pesante, per bilanciare la lunghezza dell'arma.
La spada è fatta soprattutto per operare affondi letali, ma può essere utilizzata efficacemente anche per colpi di taglio
Storia:
work in progress
Elven courtblade
danni: 1d10 critico: 18-20 x2 tipo: da punta o da taglio
speciali: arma a due mani esotica, ma vale come arma leggera ai fini di utilizzare il talento weapon finesse.
Per gentile concessione del master, Serendil è di ottima fattura: arma perfetta, +1 al bonus di attacco.
(da Races of the Wild)
Aspetto:
E' una spada molto lunga (circa un metro e mezzo) ed eccezionalmente sottile, tanto che la punta sembra simile a quella di un fioretto.
Una lama è affilata per l'intera lunghezza della spada, mentre l'altra solo per il quarto più vicino alla punta, dove la spada si incurva leggermente a mo' di scimitarra.
L'elsa è lunga e adornata da un paramano intarsiato nella forma di foglie. Il pomello è invece molto pesante, per bilanciare la lunghezza dell'arma.
La spada è fatta soprattutto per operare affondi letali, ma può essere utilizzata efficacemente anche per colpi di taglio
Storia:
work in progress
il Babbuino- Capitano
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Età : 103
Dal Diario di Thingol 02
Ero impegnato nella scultura di una nuova figura, questa volta un cavallo, quando sentiì il fruscio delle ali di un uccello che volteggiava sopra l'accampamento.
Scorsi nel chiarore della luna la figura nera di un corvo, un animale che non è solito volare di notte. Un evento sospetto.
Incoccai una freccia, mirai e lasciai andare. Il colpo non andò a segno e il corvo cominciò a prendere quota. Scoccai altre due frecce e, al terzo tentativo, quando oramai ero sicuro di aver centrato il bersaglio, il corvo cambiò direzione ed evitò il dardo. Con un'astuzia che aveva ben poco di naturale... Capiì allora che si trattava del famiglio di un mago.
Svegliai i miei nuovi compagni di viaggio, cercando di convincerli ad abbandonare l'accampamento in fretta, prima che il mago, il quale sicuramente ci aveva individuato attraverso gli occhi del suo animale magico, potesse raggiungergi.
Dai loro discorsi venni a conoscenza che quel corvo li seguiva da tempo, e che anche loro avevano intuito potesse trattarsi di un famiglio.
Avevano però bisogno di riposare le membra e le menti, e inoltre l'oscurità rendeva il viaggio troppo pericoloso per loro. Bisognava attendere l'alba...
Continuai allora a vegliare il loro sonno, l'arco e la spada a portata di mano...
Verso le tre del mattino, avvertiì una presenza. Distinsi in lontananza una luce violacea, a sud dell'accampamento.
L'evento, quasi sicuramente di natura magica, mi mise in allerta. Mi alzai e con sorpresa notai che i miei passi non producevano alcun suono, e che anche i rumori della brughiera erano scomparsi. Il ronzio degli insetti, i passi dei piccoli roditori, il crepitare del fuoco, il rumoroso sognare degli umani, tutto era sparito.
Senz'altro, quello era il risultato di un incantesimo di Silenzio.
Entrai quindi nelle tende dei miei compagni come una furia, brandendo Serendil, e li svegliai con qualche energico calcio.
Subito dopo ravvivai il fuoco che si stava spegnendo, per favorire la povera vista degli umani. Quindi corsi nella penombra, allontanandomi dal fuoco, ed aspettai.
Sei figure scheletriche si stavano avvicinando, infatti, brandendo spade lunghe in quel che rimaneva delle loro mani. Dietro di essi, in lontananza, vi erano tre figure umanoidi marcescenti, delle quali una - nel mezzo - portava al collo un simbolo sacro di cui non riconoscevo la divinità. Era una specie di frusta, un gatto a nove code.
Zombie. Una sgradevole sensazione di freddo mi percorreva la schiena, mentre la rabbia montava dentro di me come un fiume che rompe gli argini... Maledette creature abominevoli!
I sei scheletri si diressero verso l'accampamento, dove oramai Leone, Aaron e Lyrae erano in piedi ed armati. Cornelius provò a pronunciare una formula magica, ma fu inutile, per via del Silenzio. Dorchadas, invece, era sparito... codardo di un mezzuomo!
Iniziò allora lo scontro, che fu più duro del previsto.
Le nostre armi erano poco efficaci contro i corpi degli scheletri; inoltre, per quanto avessi provato ad abbattere con l'arco lo zombie con al collo il simbolo sacro, subito uno scheletro mi fu addosso.
La partita sembrava volgere contro di noi: lo zombie-sacerdote si rivelò in grado di usare la magia e provò inutilmente a paralizzarmi; inoltre un colpo molto violento fece cadere Aaron a terra. Due scheletri, per di più, erano armati di spade magiche.
La magia divina di Lyrae venne in nostro aiuto, però, ed ella portò alla fuga gli scheletri, fece sì che la Benedizione di Selùne ci infondesse vigore e curò le ferite di Aaron; inoltre, i colpi di Leone ed i miei abbatterono uno degli scheletri.
Improvvisamente, una fitta nebbia avvolse il campo di battaglia. Persi di vista tutti, tranne Leone, che era al mio fianco.
Insieme uscimmo dalla nebbia e lo guidai verso sud, in direzione degli zombie, con l'intento di abbatterli.
Non ne trovai più traccia, però. In compenso mi imbattei in una zona dove qualcuno, o qualcosa, aveva utilizzato della magia. In terra trovai delle barre di piombo, che - come più tardi Cornelius mi disse - dovevano essere state utilizzate per l'incantesimo di Blocca persona. Inoltre, trovai un prisma e una polla di acqua, necessari alle arti divinatorie. In terra vi era poi un circolo di evocazione, a forma di pentacolo. Lo spezzai immediatamente, ponendo fine all'incantesimo.
Tornando verso l'accampamento vidi i resti di alcuni scheletri, ammassati senza vita a terra. Dovevano essere stati distrutti dal potere divino di Selùne o dalla distruzione del circolo di evocazione.
Non trovai più alcuna traccia degli zombie, però.
Intorno al fuoco, la sacerdotessa curò le nostre ferite e parlando cercammo di capire chi fossero gli aggressori. Lyrae mi disse allora che il simbolo sacro che avevo scorto apparteneva a Loviathar, dea umana della sofferenza e della tortura, e che già una volta il gruppo aveva visto una delle sacerdotesse di quella folle divinità.
I miei nuovi compagni decisero allora di raccontarmi tutto del loro viaggio e di mettermi a parte del loro più importante segreto: erano venuti in possesso di un potente artefatto divino, il Cuore di Kossuth.
Dentro di me ero tormentato da interrogativi.
Chi era il padrone del corvo? Sapevo che un famiglio non può appartenere ad un incantatore divino. Forse i due eventi erano separati? Forse invece l'orrendo zombie era in grado di utilizzare arti magiche di diverso tipo?
Inoltre, come poteva uno zombie, creatura priva di intelligenza, utilizzare la magia per attaccarci e per spiarci attraverso la divinazione? Forse, il buio e la distanza mi avevano ingannato. Forse si era trattato di una sacerdotessa vivente, ma di aspetto ripugnante? Oppure avevamo a che fare con non-morti di potenza ben superiore a quella di semplici zombie?
Ad ogni modo, avrei cercato quella pazza blasfema in capo al mondo, per strapparle via la testa dal collo e fare della pelle del suo corpo un ornamento per la mia futura dimora...
E dove era stato Cornelius durante il combattimento? Forse il mago in realtà era una spia? Poteva essere suo il famiglio, usato per gettare insicurezza nei cuori dei suoi compagni di viaggio? E dov'era finito Durchadas? Era semplicemente fuggito per paura o covava qualche segreto?
Inoltre, perché armare dei semplici scheletri con armi magiche? Questo presupponeva una grande disponibilità di risorse...
Ma l'interrogativo più grave riguardava il Cuore di Kossuth.
Molti esseri dovevano essere necessariamente interessati all'artefatto.
I suoi poteri erano manifesti: esso emanava calore, tanto da rendere superfluo l'utilizzo di fuochi da campo. Inoltre, esso infondeva nei corpi una forte sensazione di ristoro - che prima avevo erroneamente imputato al thé.
Dai miei studi ero a conoscenza che la zona della Costa della Spada è riscaldata da un complesso vulcanico sotterraneo, perennemente controllato dalle potenze elementali. Questa fornace magica fornisce il calore necessario affinché la terra in superficie non sia avvolta da un freddo inverno, proveniente dai monti del Nord.
Ed è Kossuth il dio elementale del fuoco.
Forse, l'aver rimosso il suo Cuore dal Tempio può aver influenzato negativamente l'equilibrio?
Scorsi nel chiarore della luna la figura nera di un corvo, un animale che non è solito volare di notte. Un evento sospetto.
Incoccai una freccia, mirai e lasciai andare. Il colpo non andò a segno e il corvo cominciò a prendere quota. Scoccai altre due frecce e, al terzo tentativo, quando oramai ero sicuro di aver centrato il bersaglio, il corvo cambiò direzione ed evitò il dardo. Con un'astuzia che aveva ben poco di naturale... Capiì allora che si trattava del famiglio di un mago.
Svegliai i miei nuovi compagni di viaggio, cercando di convincerli ad abbandonare l'accampamento in fretta, prima che il mago, il quale sicuramente ci aveva individuato attraverso gli occhi del suo animale magico, potesse raggiungergi.
Dai loro discorsi venni a conoscenza che quel corvo li seguiva da tempo, e che anche loro avevano intuito potesse trattarsi di un famiglio.
Avevano però bisogno di riposare le membra e le menti, e inoltre l'oscurità rendeva il viaggio troppo pericoloso per loro. Bisognava attendere l'alba...
Continuai allora a vegliare il loro sonno, l'arco e la spada a portata di mano...
Verso le tre del mattino, avvertiì una presenza. Distinsi in lontananza una luce violacea, a sud dell'accampamento.
L'evento, quasi sicuramente di natura magica, mi mise in allerta. Mi alzai e con sorpresa notai che i miei passi non producevano alcun suono, e che anche i rumori della brughiera erano scomparsi. Il ronzio degli insetti, i passi dei piccoli roditori, il crepitare del fuoco, il rumoroso sognare degli umani, tutto era sparito.
Senz'altro, quello era il risultato di un incantesimo di Silenzio.
Entrai quindi nelle tende dei miei compagni come una furia, brandendo Serendil, e li svegliai con qualche energico calcio.
Subito dopo ravvivai il fuoco che si stava spegnendo, per favorire la povera vista degli umani. Quindi corsi nella penombra, allontanandomi dal fuoco, ed aspettai.
Sei figure scheletriche si stavano avvicinando, infatti, brandendo spade lunghe in quel che rimaneva delle loro mani. Dietro di essi, in lontananza, vi erano tre figure umanoidi marcescenti, delle quali una - nel mezzo - portava al collo un simbolo sacro di cui non riconoscevo la divinità. Era una specie di frusta, un gatto a nove code.
Zombie. Una sgradevole sensazione di freddo mi percorreva la schiena, mentre la rabbia montava dentro di me come un fiume che rompe gli argini... Maledette creature abominevoli!
I sei scheletri si diressero verso l'accampamento, dove oramai Leone, Aaron e Lyrae erano in piedi ed armati. Cornelius provò a pronunciare una formula magica, ma fu inutile, per via del Silenzio. Dorchadas, invece, era sparito... codardo di un mezzuomo!
Iniziò allora lo scontro, che fu più duro del previsto.
Le nostre armi erano poco efficaci contro i corpi degli scheletri; inoltre, per quanto avessi provato ad abbattere con l'arco lo zombie con al collo il simbolo sacro, subito uno scheletro mi fu addosso.
La partita sembrava volgere contro di noi: lo zombie-sacerdote si rivelò in grado di usare la magia e provò inutilmente a paralizzarmi; inoltre un colpo molto violento fece cadere Aaron a terra. Due scheletri, per di più, erano armati di spade magiche.
La magia divina di Lyrae venne in nostro aiuto, però, ed ella portò alla fuga gli scheletri, fece sì che la Benedizione di Selùne ci infondesse vigore e curò le ferite di Aaron; inoltre, i colpi di Leone ed i miei abbatterono uno degli scheletri.
Improvvisamente, una fitta nebbia avvolse il campo di battaglia. Persi di vista tutti, tranne Leone, che era al mio fianco.
Insieme uscimmo dalla nebbia e lo guidai verso sud, in direzione degli zombie, con l'intento di abbatterli.
Non ne trovai più traccia, però. In compenso mi imbattei in una zona dove qualcuno, o qualcosa, aveva utilizzato della magia. In terra trovai delle barre di piombo, che - come più tardi Cornelius mi disse - dovevano essere state utilizzate per l'incantesimo di Blocca persona. Inoltre, trovai un prisma e una polla di acqua, necessari alle arti divinatorie. In terra vi era poi un circolo di evocazione, a forma di pentacolo. Lo spezzai immediatamente, ponendo fine all'incantesimo.
Tornando verso l'accampamento vidi i resti di alcuni scheletri, ammassati senza vita a terra. Dovevano essere stati distrutti dal potere divino di Selùne o dalla distruzione del circolo di evocazione.
Non trovai più alcuna traccia degli zombie, però.
Intorno al fuoco, la sacerdotessa curò le nostre ferite e parlando cercammo di capire chi fossero gli aggressori. Lyrae mi disse allora che il simbolo sacro che avevo scorto apparteneva a Loviathar, dea umana della sofferenza e della tortura, e che già una volta il gruppo aveva visto una delle sacerdotesse di quella folle divinità.
I miei nuovi compagni decisero allora di raccontarmi tutto del loro viaggio e di mettermi a parte del loro più importante segreto: erano venuti in possesso di un potente artefatto divino, il Cuore di Kossuth.
Dentro di me ero tormentato da interrogativi.
Chi era il padrone del corvo? Sapevo che un famiglio non può appartenere ad un incantatore divino. Forse i due eventi erano separati? Forse invece l'orrendo zombie era in grado di utilizzare arti magiche di diverso tipo?
Inoltre, come poteva uno zombie, creatura priva di intelligenza, utilizzare la magia per attaccarci e per spiarci attraverso la divinazione? Forse, il buio e la distanza mi avevano ingannato. Forse si era trattato di una sacerdotessa vivente, ma di aspetto ripugnante? Oppure avevamo a che fare con non-morti di potenza ben superiore a quella di semplici zombie?
Ad ogni modo, avrei cercato quella pazza blasfema in capo al mondo, per strapparle via la testa dal collo e fare della pelle del suo corpo un ornamento per la mia futura dimora...
E dove era stato Cornelius durante il combattimento? Forse il mago in realtà era una spia? Poteva essere suo il famiglio, usato per gettare insicurezza nei cuori dei suoi compagni di viaggio? E dov'era finito Durchadas? Era semplicemente fuggito per paura o covava qualche segreto?
Inoltre, perché armare dei semplici scheletri con armi magiche? Questo presupponeva una grande disponibilità di risorse...
Ma l'interrogativo più grave riguardava il Cuore di Kossuth.
Molti esseri dovevano essere necessariamente interessati all'artefatto.
I suoi poteri erano manifesti: esso emanava calore, tanto da rendere superfluo l'utilizzo di fuochi da campo. Inoltre, esso infondeva nei corpi una forte sensazione di ristoro - che prima avevo erroneamente imputato al thé.
Dai miei studi ero a conoscenza che la zona della Costa della Spada è riscaldata da un complesso vulcanico sotterraneo, perennemente controllato dalle potenze elementali. Questa fornace magica fornisce il calore necessario affinché la terra in superficie non sia avvolta da un freddo inverno, proveniente dai monti del Nord.
Ed è Kossuth il dio elementale del fuoco.
Forse, l'aver rimosso il suo Cuore dal Tempio può aver influenzato negativamente l'equilibrio?
il Babbuino- Capitano
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Data d'iscrizione : 11.02.09
Età : 103
Ottimo
Ma che fate a gara per produrre bei riassunti? anche a te darò dei pi ics bonus, come a Luca e Fabio.
Nonnina Oog- Graduato
- Numero di messaggi : 366
Data d'iscrizione : 04.11.08
Re: Thingol
fichissimo...sarei onestamente curioso dei Diari di Cornelius:
"...degli scheletri ci assalirno nella notte...un solo pensiero occupò la mia mente: "sarà mai possibile preparare un Tè con questa nebbia????""
se scrivo quelli di Dorc...non potranno che essere comici davvero...
"...degli scheletri ci assalirno nella notte...un solo pensiero occupò la mia mente: "sarà mai possibile preparare un Tè con questa nebbia????""
se scrivo quelli di Dorc...non potranno che essere comici davvero...
Dal Diario di Thingol 03
Quella mattina decidemmo di proseguire il viaggio verso Candlekeep cercando di evitare ogni genere di sguardo indicreto.
La mia idea era di arrivare fino alla città di Yartar sfruttando la corrente del fiume, con delle barche.
Da lì, poi, avremmo potuto unirci ad una carovana, mischiarci ai mercanti ed alle guardie e proseguire così mascherati verso sud.
Sellai il mio cavallo, deciso a cavalcare anche se i miei giovani compagni avrebbero dovuto proseguire a piedi.
Essi, però, mi stupirono piacevolmente. Tirate fuori da una delle tasche di Dorchadas alcune figurine intagliate con abilità nell'avorio nella forma di cavalli, essi pronunciarono la parola magica "Kalil" (che subito mandai a mente) e queste si trasformarono in splendidi animali, completi di sella e briglie! Un'altra dimostrazione dell'utilità delle arti magiche, dono di Corellon agli elfi.
Cavalcammo verso sud, fino al fiume.
Vidi allora in lontananza - prima dei miei compagni - un capanno, sulla sponda del fiume. Fuori di esso vi era una figura umanoide e quella di ciò che sembrava essere un grosso canide.
Presi Dorchadas con me, confidando nelle sue doti di cacciatore, e mi avvicinai per vedere meglio: fortunatamente eravamo sopravvento.
In effetti si trattava di un vecchio maschio umano, di corporatura robusta, intento a gettare stancamente un bastone a un grosso cane di razza a me sconosciuta. Il capanno era un piccolo baracchino di fattura tipicamente umana: assolutamente brutto e visibile e assolutamente non in tema con il paesaggio.
Tornammo indietro. Era impossibile passare non visti, soprattutto per via del fiuto del cane.
Proposi allora di dividerci in due gruppi: Lyrae avrebbe finto di essere una giovane nobile di Yartar, che lontana da casa era stata aggredita da un gruppo di briganti; Leone e Aaron avrebbero impersonato ciò che rimaneva della sua scorta.
Invece, io, Dorchadas e Cornelius avremmo tenuto sotto controllo la situazione, vigilando pronti ad utilizzare di sorpresa dardi, frecce e magie.
Le mie precauzioni furono però inutili, in quanto il vecchio viandante si presentò come un amichevole sacerdote della dea umana dei viaggi Shaundakul.
Presto, tutti noi ci presentammo al sacerdote. Il suo nome era Herbert. Raccontò di essere in viaggio verso i Nidi di Grifone, insieme al suo cane, il molosso Uberto, per fare proselitismo presso alcune tribù barbare dei luoghi. Il capanno era un luogo di rifugio e di preghiera per i viandanti fedeli alla dea.
Ci raccomandò inoltre di fare attenzione a Yartar: la città era sotto attacco da parte delle forze congiunte dei chierici di Loviatar e di ...(master aspe', quanno aritrovo l'agendina 'o scrivo!) . Anche lui si era scontrato con una sacerdotessa di Loviatar, che pretendeva la sua conversione e aveva evocato dei non morti per attaccarlo.
Rivelammo al viandante che eravamo diretti verso sud, ben oltre Yartar, ed egli si disse propenso ad aiutarci con la magia, in modo tale da rendere più veloce il nostro viaggio.
I suoi modi mi avevano istintivamente portato alla fiducia, benché egli ci avesse rivelato di percepire una forza magica divina potentissima, come quella di un artefatto, provenire da noi. In qualche modo, aveva percepito il Cuore...!
Egli però non sembrò offendersi di fronte alla nostra reticenza nel parlarne. Ancora oggi penso che quel potente sacerdote avrebbe potuto rispondere a molte domande sul Cuore. Ma forse è stato meglio non esporci troppo.
Fu allora che Leone decise di abbandonare la compagnia. Egli voleva tornare a Mirabar, per informare i suoi superiori circa gli inaspettati sviluppi di quello che doveva essere un compito facile da svolgere. Gli consigliai allora di avvertire la Chiesa di Selùne dell'assedio di Yartar, così che le forze del bene si potessero organizzare per combattere quei maledetti blasfemi.
Salutammo Leone, ed Herbert pronunciò le formule di due incantesimi divini. Dopo qualche tempo, una brezza che diveniva sempre più forte cominciò a soffiare da nord.
I nostri corpi si facevano di secondo in secondo più leggeri, evanescenti, come se la nostra sostanza si trasformasse in nebbia. Dopo qualche minuto, cominciammo a librarci nell'aria, sospinti dal vento.
Prendevamo quota. Eravamo come piccole nuvole dalle figure umanoidi. In sella al mio cavallo, urlai di gioia al vento roteando la spada.
Ringrazio ancora oggi Corellon per avermi permesso di provare una simile esperienza. Piangevo di felicità.
Volai oltre le nuvole, cavalcai su una distesa bianca provando la folle gioia della libertà assoluta. Ero come un angelo, un eladrin al servizio del mio dio.
Quando vidi Yartar assediata dalle forze del male, il mio cuore tremò di rabbia. Avrei voluto bersagliare con tremende frecce di magia le truppe e spargere morte e terrore nei loro cuori neri...
Dopo qualche ora, il vento perse di intensità. Avevamo sorvolato grandi distese di terra, come gli elfi alati, come aquile. Era stato magnifico.
Ma ora l'incantesimo stava terminando il suo effetto. Scendemmo a terra, dove ci solidificammo nelle nostre forme consuete.
Dopo qualche tempo, poiché i nostri corpi non erano minimamente stanchi dopo le miglie percorse nel cielo, riprendemmo il nostro viaggio.
Verso sera, ci dirigemmo verso la Foresta dei Troll, cercando riparo tra gli alberi dagli occhi indiscreti di messaggeri pennuti, sperando di non incappare in pericoli peggiori in un bosco dal nome così lugubre.
La mia idea era di arrivare fino alla città di Yartar sfruttando la corrente del fiume, con delle barche.
Da lì, poi, avremmo potuto unirci ad una carovana, mischiarci ai mercanti ed alle guardie e proseguire così mascherati verso sud.
Sellai il mio cavallo, deciso a cavalcare anche se i miei giovani compagni avrebbero dovuto proseguire a piedi.
Essi, però, mi stupirono piacevolmente. Tirate fuori da una delle tasche di Dorchadas alcune figurine intagliate con abilità nell'avorio nella forma di cavalli, essi pronunciarono la parola magica "Kalil" (che subito mandai a mente) e queste si trasformarono in splendidi animali, completi di sella e briglie! Un'altra dimostrazione dell'utilità delle arti magiche, dono di Corellon agli elfi.
Cavalcammo verso sud, fino al fiume.
Vidi allora in lontananza - prima dei miei compagni - un capanno, sulla sponda del fiume. Fuori di esso vi era una figura umanoide e quella di ciò che sembrava essere un grosso canide.
Presi Dorchadas con me, confidando nelle sue doti di cacciatore, e mi avvicinai per vedere meglio: fortunatamente eravamo sopravvento.
In effetti si trattava di un vecchio maschio umano, di corporatura robusta, intento a gettare stancamente un bastone a un grosso cane di razza a me sconosciuta. Il capanno era un piccolo baracchino di fattura tipicamente umana: assolutamente brutto e visibile e assolutamente non in tema con il paesaggio.
Tornammo indietro. Era impossibile passare non visti, soprattutto per via del fiuto del cane.
Proposi allora di dividerci in due gruppi: Lyrae avrebbe finto di essere una giovane nobile di Yartar, che lontana da casa era stata aggredita da un gruppo di briganti; Leone e Aaron avrebbero impersonato ciò che rimaneva della sua scorta.
Invece, io, Dorchadas e Cornelius avremmo tenuto sotto controllo la situazione, vigilando pronti ad utilizzare di sorpresa dardi, frecce e magie.
Le mie precauzioni furono però inutili, in quanto il vecchio viandante si presentò come un amichevole sacerdote della dea umana dei viaggi Shaundakul.
Presto, tutti noi ci presentammo al sacerdote. Il suo nome era Herbert. Raccontò di essere in viaggio verso i Nidi di Grifone, insieme al suo cane, il molosso Uberto, per fare proselitismo presso alcune tribù barbare dei luoghi. Il capanno era un luogo di rifugio e di preghiera per i viandanti fedeli alla dea.
Ci raccomandò inoltre di fare attenzione a Yartar: la città era sotto attacco da parte delle forze congiunte dei chierici di Loviatar e di ...(master aspe', quanno aritrovo l'agendina 'o scrivo!) . Anche lui si era scontrato con una sacerdotessa di Loviatar, che pretendeva la sua conversione e aveva evocato dei non morti per attaccarlo.
Rivelammo al viandante che eravamo diretti verso sud, ben oltre Yartar, ed egli si disse propenso ad aiutarci con la magia, in modo tale da rendere più veloce il nostro viaggio.
I suoi modi mi avevano istintivamente portato alla fiducia, benché egli ci avesse rivelato di percepire una forza magica divina potentissima, come quella di un artefatto, provenire da noi. In qualche modo, aveva percepito il Cuore...!
Egli però non sembrò offendersi di fronte alla nostra reticenza nel parlarne. Ancora oggi penso che quel potente sacerdote avrebbe potuto rispondere a molte domande sul Cuore. Ma forse è stato meglio non esporci troppo.
Fu allora che Leone decise di abbandonare la compagnia. Egli voleva tornare a Mirabar, per informare i suoi superiori circa gli inaspettati sviluppi di quello che doveva essere un compito facile da svolgere. Gli consigliai allora di avvertire la Chiesa di Selùne dell'assedio di Yartar, così che le forze del bene si potessero organizzare per combattere quei maledetti blasfemi.
Salutammo Leone, ed Herbert pronunciò le formule di due incantesimi divini. Dopo qualche tempo, una brezza che diveniva sempre più forte cominciò a soffiare da nord.
I nostri corpi si facevano di secondo in secondo più leggeri, evanescenti, come se la nostra sostanza si trasformasse in nebbia. Dopo qualche minuto, cominciammo a librarci nell'aria, sospinti dal vento.
Prendevamo quota. Eravamo come piccole nuvole dalle figure umanoidi. In sella al mio cavallo, urlai di gioia al vento roteando la spada.
Ringrazio ancora oggi Corellon per avermi permesso di provare una simile esperienza. Piangevo di felicità.
Volai oltre le nuvole, cavalcai su una distesa bianca provando la folle gioia della libertà assoluta. Ero come un angelo, un eladrin al servizio del mio dio.
Quando vidi Yartar assediata dalle forze del male, il mio cuore tremò di rabbia. Avrei voluto bersagliare con tremende frecce di magia le truppe e spargere morte e terrore nei loro cuori neri...
Dopo qualche ora, il vento perse di intensità. Avevamo sorvolato grandi distese di terra, come gli elfi alati, come aquile. Era stato magnifico.
Ma ora l'incantesimo stava terminando il suo effetto. Scendemmo a terra, dove ci solidificammo nelle nostre forme consuete.
Dopo qualche tempo, poiché i nostri corpi non erano minimamente stanchi dopo le miglie percorse nel cielo, riprendemmo il nostro viaggio.
Verso sera, ci dirigemmo verso la Foresta dei Troll, cercando riparo tra gli alberi dagli occhi indiscreti di messaggeri pennuti, sperando di non incappare in pericoli peggiori in un bosco dal nome così lugubre.
il Babbuino- Capitano
- Numero di messaggi : 663
Data d'iscrizione : 11.02.09
Età : 103
Dal Diario di Thingol 04
...le pagine sono rovinate e illeggibili...
il Babbuino- Capitano
- Numero di messaggi : 663
Data d'iscrizione : 11.02.09
Età : 103
Dal Diario di Thingol 05
...
Ci dirigemmo verso l'accampamento dello gnomo a cui avevamo appena salvato la vita, ai margini interni della Foresta dei Troll.
Si presentò come Callit Osprey Flintwhizzle Jansen IV... nome inutilmente lungo, pomposo e cacofonico. Soprattutto per una creatura talmente sgraziata e malridotta come quella... Decisi allora di non offenderlo accorciando il suo elaborato nome in Callit e di chiamarlo semplicemente "gnomo".
Quello che sapevo circa gli gnomi è che essi utilizzano le arti magiche per trucchetti insulsi (pur dovendosi certamente considerare che, pur vivendo ben più degli umani, non sono longevi come gli elfi, ed hanno quindi così poco tempo per imparare). Inoltre, nota ben più positiva, sono ottimi musicisti e cantastorie.
Sfortunatamente, avrei presto capito che mi trovavo di fronte ad un esponente del primo gruppo di gnomi...
Giunti all'accampamento dello gnomo, notai che esso era stato devastato da chissà chi o cosa. Era l'opera di altri uomini che inseguivano lo gnomo? Egli aveva forse rubato qualcosa di valore? Oppure era stato qualcuno dei nostri inseguitori, che era riuscito a seguirci così lontano dai Nidi di Grifone? O forse era opera dei troll, usciti dal folto dei boschi alla ricerca di un piccolo gustoso boccone di carne di gnomo?
Cercai di decifrare le tracce impresse nel terreno, ma il buio diminuiva le mie possibilità: scorsi solamente passi che provenivano dalle pianure, probabilmente appartenenti agli inseguitori che avevamo abbattuto.
I miei compagni decisero di utilizzare il fuoco dell'accampamento di Callit, ancora vivo e di passare lì la notte. Un'altra delle loro follie a cui avrei dovuto porre rimedio... Era per me inconcepibile come essi proprio non riuscissero a rinunciare a quel brandello di "vita civilizzata" che avevano abbandonato a Mirabar: un fuoco intorno a cui sedersi. Pur essendo ottobre, infatti, il Cuore di Kossuth ci proteggeva dal freddo e ci dava forza e resistenza alla fatica. Avremmo potuto riposare per poche ore nella più fioca delle luci e ripartire subito verso sud...
Cercai allora di mimetizzare l'accampamento, creando ripari di foglie e rami, così da nasconderci agli occhi di osservatori volanti. Solo lo gnomo non si lasciò convincere e volle usare la sua tenda, ma, d'altronde, il corvo non avrebbe badato a lui.
Seduto vicino al fuoco, lo gnomo mangiava avidamente e mi confidò di non essere stato in grado di catturare nemmeno un coniglio in due mesi di tentativi! Aveva però escogitato una strategia per acchiapparne uno: usare illusioni magiche per spaventarlo e indurlo in trappola... Era decisamente troppo!
Scomodare la magia per un compito così banale come la caccia ai conigli... avrei potuto accusarlo di blasfemia se non avessi intuito che proprio non si accorgeva del suo errore. Per di più, non sapersi procurare di che vivere dopo aver passato i 10 anni di età è talmente stupidamente offensivo che non potevo far altro che pensare che Callit altro non fosse che un patetico sprovveduto, sopravvissuto finora solo per fortuna.
Decisi allora di istruirlo, come si fa con i bambini, narrandogli i rudimenti della caccia, benché io di certo non sia un esperto cacciatore.
I miei compagni, invece, sembravano non fidarsi dello gnomo.
Dopo due ore di riposo, diedi il cambio a Dorchadas per vigilare sul sonno dei miei compagni. Ero pronto ad affrontare un eventuale attacco dei troll, con accanto Serendil, il mio arco e la spada magica presa il giorno precedente allo scheletro.
Giunse l'alba senza che nessuno ci avesse attaccato.
Quando prendemmo la mappa per decidere il nostro percorso, Callit, venuto a conoscenza di trovarsi ai vicino alla Foresta dei Troll, scoppiò in un urlo stridulo di puro terrore. Cosa molto più importante, ci rivelò che le armi più efficaci contro i troll sono il fuoco e l'acido. Una conoscenza senz'altro acquisita sui libri...
Lo gnomo, inoltre, chiese di seguirci verso Candlekeep, facendo capire che sarebbe stato magnifico per lui visitare la città dei libri. Venni così a conoscenza del fatto che Candlekeep è la più grande biblioteca di Faerùn. Senz'altro, sarebbe stato illuminante anche per me visitarla! Accettai subito a nome del gruppo la presenza di Callit, convinto che lo gnomo mi sarebbe venuto utile: dimostrava ora di possedere le doti mnemoniche dei suoi cugini bardi.
Un'altra informazione utile fornita dallo gnomo: è necessario un volume antico per entrare a Candlekeep.
Fu Aaron a farci notare che, forse, i troll avevano percepito la presenza del Cuore di Kossuth, dio del fuoco, e che per timore dell'elemento per loro particolarmente mortale, essi avevano rinunciato ad attaccarci.
I miei compagni decisero comunque di non rivelare a Callit di possedere il Cuore. Io non avrei tradito la loro fiducia.
Pensandoci bene, forse l'idea era giusta: in effetti, anche noi percepivamo gli effetti del Cuore: il calore, la sensazione di riposo, nonché alcuni strani brividi che mi percorrevano la schiena quando ero vicino a Dorchadas, custode del Cuore.
Il mago Cornelius, inoltre, nell'utilizzare un incantesimo di Individuazione sugli oggetti trovati in questi giorni di viaggio, aveva percepito una potente presenza magica all'interno della borsa magica di Dorchadas, dove il Cuore era custodito.
Se esso era capace di tali effetti pur essendo nascosto in quella che, se ricordavo bene dai miei studi, altro non è che una sacca dimensionale, chissà di cosa poteva essere capace se brandito!
Cavalcammo per qualche ora costeggiando la strada maestra, una pioggerella sottile ci scivolava via dal corpo e dagli abiti, senza bagnarci. Un'altra conseguenza della vicinanza al Cuore supponevo. Ma poco utile: come avremmo potuto confonderci in una carovana se la nostra vicinanza produceva tali effetti?
Durante una breve sosta, notai ai margini della Foresta dei Troll un lampo di luce blu-viola. Esso si divise, scendendo verso terra in due tracce crepitanti, a mo di curve, fino a formare la forma di una porta. Un'attimo dopo tutta la superficie d'aria che costituiva questa porta fu riempita di scariche di energia magica. Era una porta magica che permetteva di collegare due luoghi tra loro distanti.
Un aiuto di Herbert? O peggio?
I miei compagni erano fermi, guardavano la porta magica che io indicavo. Tutti sfoderammo le armi, io - che da qualche momento ero pervaso da una sensazione di pericolo, soprattutto in relazione a Dorchadas e Callit - sfoderai Serendil e mi preparai ad attaccare a cavallo.
Dalla porta fuoriuscirono cinque figure umanoidi: la prima era quella di un mago umano, dalla pelle bronzea e i capelli corti e bianchi, indossava un mantello nero e sotto una tunica con disegni bordeaux a forma di fiamma e brandiva in una mano un bastone da battaglia e nell'altra i resti carbonizzati di una pergamena magica. Dopo di lui si materializzò un halfling, armato di balestra e di pugnale. Passò poi una donna umana, bella, che indossava una corazza di scaglie e un elaborato simbolo sacro in argento di Loviatar (...finalmente un'occasione di giusta vendetta).
Ci dirigemmo verso l'accampamento dello gnomo a cui avevamo appena salvato la vita, ai margini interni della Foresta dei Troll.
Si presentò come Callit Osprey Flintwhizzle Jansen IV... nome inutilmente lungo, pomposo e cacofonico. Soprattutto per una creatura talmente sgraziata e malridotta come quella... Decisi allora di non offenderlo accorciando il suo elaborato nome in Callit e di chiamarlo semplicemente "gnomo".
Quello che sapevo circa gli gnomi è che essi utilizzano le arti magiche per trucchetti insulsi (pur dovendosi certamente considerare che, pur vivendo ben più degli umani, non sono longevi come gli elfi, ed hanno quindi così poco tempo per imparare). Inoltre, nota ben più positiva, sono ottimi musicisti e cantastorie.
Sfortunatamente, avrei presto capito che mi trovavo di fronte ad un esponente del primo gruppo di gnomi...
Giunti all'accampamento dello gnomo, notai che esso era stato devastato da chissà chi o cosa. Era l'opera di altri uomini che inseguivano lo gnomo? Egli aveva forse rubato qualcosa di valore? Oppure era stato qualcuno dei nostri inseguitori, che era riuscito a seguirci così lontano dai Nidi di Grifone? O forse era opera dei troll, usciti dal folto dei boschi alla ricerca di un piccolo gustoso boccone di carne di gnomo?
Cercai di decifrare le tracce impresse nel terreno, ma il buio diminuiva le mie possibilità: scorsi solamente passi che provenivano dalle pianure, probabilmente appartenenti agli inseguitori che avevamo abbattuto.
I miei compagni decisero di utilizzare il fuoco dell'accampamento di Callit, ancora vivo e di passare lì la notte. Un'altra delle loro follie a cui avrei dovuto porre rimedio... Era per me inconcepibile come essi proprio non riuscissero a rinunciare a quel brandello di "vita civilizzata" che avevano abbandonato a Mirabar: un fuoco intorno a cui sedersi. Pur essendo ottobre, infatti, il Cuore di Kossuth ci proteggeva dal freddo e ci dava forza e resistenza alla fatica. Avremmo potuto riposare per poche ore nella più fioca delle luci e ripartire subito verso sud...
Cercai allora di mimetizzare l'accampamento, creando ripari di foglie e rami, così da nasconderci agli occhi di osservatori volanti. Solo lo gnomo non si lasciò convincere e volle usare la sua tenda, ma, d'altronde, il corvo non avrebbe badato a lui.
Seduto vicino al fuoco, lo gnomo mangiava avidamente e mi confidò di non essere stato in grado di catturare nemmeno un coniglio in due mesi di tentativi! Aveva però escogitato una strategia per acchiapparne uno: usare illusioni magiche per spaventarlo e indurlo in trappola... Era decisamente troppo!
Scomodare la magia per un compito così banale come la caccia ai conigli... avrei potuto accusarlo di blasfemia se non avessi intuito che proprio non si accorgeva del suo errore. Per di più, non sapersi procurare di che vivere dopo aver passato i 10 anni di età è talmente stupidamente offensivo che non potevo far altro che pensare che Callit altro non fosse che un patetico sprovveduto, sopravvissuto finora solo per fortuna.
Decisi allora di istruirlo, come si fa con i bambini, narrandogli i rudimenti della caccia, benché io di certo non sia un esperto cacciatore.
I miei compagni, invece, sembravano non fidarsi dello gnomo.
Dopo due ore di riposo, diedi il cambio a Dorchadas per vigilare sul sonno dei miei compagni. Ero pronto ad affrontare un eventuale attacco dei troll, con accanto Serendil, il mio arco e la spada magica presa il giorno precedente allo scheletro.
Giunse l'alba senza che nessuno ci avesse attaccato.
Quando prendemmo la mappa per decidere il nostro percorso, Callit, venuto a conoscenza di trovarsi ai vicino alla Foresta dei Troll, scoppiò in un urlo stridulo di puro terrore. Cosa molto più importante, ci rivelò che le armi più efficaci contro i troll sono il fuoco e l'acido. Una conoscenza senz'altro acquisita sui libri...
Lo gnomo, inoltre, chiese di seguirci verso Candlekeep, facendo capire che sarebbe stato magnifico per lui visitare la città dei libri. Venni così a conoscenza del fatto che Candlekeep è la più grande biblioteca di Faerùn. Senz'altro, sarebbe stato illuminante anche per me visitarla! Accettai subito a nome del gruppo la presenza di Callit, convinto che lo gnomo mi sarebbe venuto utile: dimostrava ora di possedere le doti mnemoniche dei suoi cugini bardi.
Un'altra informazione utile fornita dallo gnomo: è necessario un volume antico per entrare a Candlekeep.
Fu Aaron a farci notare che, forse, i troll avevano percepito la presenza del Cuore di Kossuth, dio del fuoco, e che per timore dell'elemento per loro particolarmente mortale, essi avevano rinunciato ad attaccarci.
I miei compagni decisero comunque di non rivelare a Callit di possedere il Cuore. Io non avrei tradito la loro fiducia.
Pensandoci bene, forse l'idea era giusta: in effetti, anche noi percepivamo gli effetti del Cuore: il calore, la sensazione di riposo, nonché alcuni strani brividi che mi percorrevano la schiena quando ero vicino a Dorchadas, custode del Cuore.
Il mago Cornelius, inoltre, nell'utilizzare un incantesimo di Individuazione sugli oggetti trovati in questi giorni di viaggio, aveva percepito una potente presenza magica all'interno della borsa magica di Dorchadas, dove il Cuore era custodito.
Se esso era capace di tali effetti pur essendo nascosto in quella che, se ricordavo bene dai miei studi, altro non è che una sacca dimensionale, chissà di cosa poteva essere capace se brandito!
Cavalcammo per qualche ora costeggiando la strada maestra, una pioggerella sottile ci scivolava via dal corpo e dagli abiti, senza bagnarci. Un'altra conseguenza della vicinanza al Cuore supponevo. Ma poco utile: come avremmo potuto confonderci in una carovana se la nostra vicinanza produceva tali effetti?
Durante una breve sosta, notai ai margini della Foresta dei Troll un lampo di luce blu-viola. Esso si divise, scendendo verso terra in due tracce crepitanti, a mo di curve, fino a formare la forma di una porta. Un'attimo dopo tutta la superficie d'aria che costituiva questa porta fu riempita di scariche di energia magica. Era una porta magica che permetteva di collegare due luoghi tra loro distanti.
Un aiuto di Herbert? O peggio?
I miei compagni erano fermi, guardavano la porta magica che io indicavo. Tutti sfoderammo le armi, io - che da qualche momento ero pervaso da una sensazione di pericolo, soprattutto in relazione a Dorchadas e Callit - sfoderai Serendil e mi preparai ad attaccare a cavallo.
Dalla porta fuoriuscirono cinque figure umanoidi: la prima era quella di un mago umano, dalla pelle bronzea e i capelli corti e bianchi, indossava un mantello nero e sotto una tunica con disegni bordeaux a forma di fiamma e brandiva in una mano un bastone da battaglia e nell'altra i resti carbonizzati di una pergamena magica. Dopo di lui si materializzò un halfling, armato di balestra e di pugnale. Passò poi una donna umana, bella, che indossava una corazza di scaglie e un elaborato simbolo sacro in argento di Loviatar (...finalmente un'occasione di giusta vendetta).
Per ultimi, due umani pesantemente armati, forse due fratelli vista la somiglianza. Essi indossavano armature che portavano il blasone del Kraken.
Ero pronto per attaccare, ma il mago mi precedette: farfugliò una formula e tirò fuori dal sacchetto degli ingredienti alcuni componenti.
Sentiì puzza di guano di pipistrello.
Il cuore mi si gelò nel petto. Conoscevo quell'incantesimo. L'avevo visto usare da mio zio in una caccia alla viverna.
L'incantesimo della Palla di fuoco. Estremamente distruttivo.
Urlai mentre cercavo di schivare il germoglio di fuoco che volava verso di me.
Mi sorpassò, esplodendo in un vortice di fiamme dietro di me, di fronte ai miei compagni. Ero convinto di essere morto...
Eppure, le fiamme magiche ci circondarono senza bruciarci: eravamo protetti da una forza miracolosa: il Cuore di Kossuth!
Urlai di gioia e spronai il cavallo verso il mago, roteando Serendil, pronto a spaccargli la testa prima che potesse aprire bocca una seconda volta.
(pagina strappata)
Ero pronto per attaccare, ma il mago mi precedette: farfugliò una formula e tirò fuori dal sacchetto degli ingredienti alcuni componenti.
Sentiì puzza di guano di pipistrello.
Il cuore mi si gelò nel petto. Conoscevo quell'incantesimo. L'avevo visto usare da mio zio in una caccia alla viverna.
L'incantesimo della Palla di fuoco. Estremamente distruttivo.
Urlai mentre cercavo di schivare il germoglio di fuoco che volava verso di me.
Mi sorpassò, esplodendo in un vortice di fiamme dietro di me, di fronte ai miei compagni. Ero convinto di essere morto...
Eppure, le fiamme magiche ci circondarono senza bruciarci: eravamo protetti da una forza miracolosa: il Cuore di Kossuth!
Urlai di gioia e spronai il cavallo verso il mago, roteando Serendil, pronto a spaccargli la testa prima che potesse aprire bocca una seconda volta.
(pagina strappata)
il Babbuino- Capitano
- Numero di messaggi : 663
Data d'iscrizione : 11.02.09
Età : 103
Solo
Ora avevo fatto caso al dettaglio delle pagine strappate! bene bene, molto bene! ^^
Nonnina Oog- Graduato
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Data d'iscrizione : 04.11.08
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