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Lorac Larwen, figlio di Rethem

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Lorac Larwen, figlio di Rethem Empty Lorac Larwen, figlio di Rethem

Messaggio  Wipeout Lun Nov 24, 2008 7:37 pm

Era il 14 di Naveh del 696 TR quando venni al mondo insieme a mia sorella Mithiel.
La nascita di due gemelli non era quasi mai un evento lieto nelle famiglie gia numerose e povere, ma mio padre Falendor Larwen, un umile pastore gia padre di 3 figli, accolse l’avvenimento festeggiando per tutto il giorno e tutta la notte. Un uomo buono e instancabile lavoratore che non fece mai mancare nulla alla famiglia.
Ogni giorno portava al pascolo il bestiame di cui si prendeva cura per conto del possidente terriero Sir Sharal-Khazir, ricavando latte, formaggi, pelli e cuoio.
Mio fratello Aris, il maggiore, lo aiutava molto spesso in queste mansioni e ogni primo del mese si recavano entrambi al mercato dei vicini villaggi per vendere i prodotti e portare la gran parte del ricavato al legittimo proprietario.
Qualche volta mio padre portava me e Mithiel con se e Aris e fu così che ebbi modo di conoscere ciò che c’era al di là dei campi intorno alla fattoria…quel regno oscuro che è Rethem.
Di mia madre Sira ho solo vaghi ricordi. Una donna saggia e severa che ci educava in modo autorevole ma senza farci mai mancare una carezza. Era lei la vera reggente della casa e quando morì in seguito ad una forte febbre contro cui lottò invano per mesi, la mia famiglia perse quelle stabili fondamenta che fino ad allora ci avevano mantenuti saldi e compatti.
Mio padre restava spesso a letto senza alzarsi per tutto il giorno, in preda al dolore e allo sconforto per la grave perdita. Le mie due sorelle Ruula e Jaana seppur poco più che adolescenti cercavano alla meglio di mandare avanti la casa prendendosi cura di me e Mithiel di soli 6 anni, mentre mio fratello Aris appena ventenne, sostituiva mio padre nel lavoro, (per quel poco che era in grado di fare). Si prevedevano giorni difficili. Cominciarono a mancare le monete e spesso saltavamo i pasti principali, assistevo ai litigi tra i miei fratelli e alle lacrime delle mie sorelle che imploravano inutilmente mio padre di aiutarci. Mithiel invece, al contario di loro smise di parlare chiudendosi in se stessa… comunicava e a fatica solo con me.
Le famiglie vicine erano ben poco disposte a darci una mano, in certi frangenti vigeva la regola “mors tua vita mea”. Molti fattori del luogo infatti gia avevano messo gli occhi sul bestiame e sui campi che accudiva mio padre e qualcuno palesò direttamente a Sir Sharal-Khazir “l’arduo” onere di curare anche il lavoro del vecchio Larwen facendo leva sul fatto che l’uomo stava solo facendo perdere guadagni e profitti al nobile (e anche a loro stessi…).
Fu così che per evitare il peggio, un lontano parente da parte di mio padre, una sorta di “capofamiglia”, inviò una sua giovane nipote Aerin e suo marito Nabir Koldar a stabilirsi nella nostra casa per prendersi cura di noi ed aiutarci nei lavori della fattoria.
Nabir fu per me un vero maestro: era un abile cacciatore, conosceva le foreste e i suoi pericoli e sapeva tirare con l’arco. M’insegnò molto e inoltre fece aumentare i profitti del feudatario lavorando le pelli che ricavava dal gregge e dai bovini per farne vesti e coperte, stimolando anche mio padre a riprendere la sua vita.
Da dopo la morte di mia madre, io e la mia famiglia ci stavamo lentamente riprendendo, solo Mithiel non fu più la stessa.
Il rapporto con la mia gemella è sempre stato un rapporto viscerale, ma man mano che crescevamo la sentivo sempre più lontana.
All’età di 16 anni iniziò a frequentare oscure compagnie affiliate all’ordine di Morgath.
Mio padre non vide mai di buon occhio la religione. Lui come mia madre erano atei e così crebbero me e i miei fratelli. Sacrificare la vita per un dio non portava la minestra nei piatti…questo mi ripetevano sempre… e così a mia sorella, ma tutto ciò che ottenemmo fu perderla del tutto.
All’età di 18 anni Mithiel partì per Golotha, per divenire una sacerdotessa, ovviamente contro la volontà di mio padre e di tutta la famiglia. Non seppi mai più nulla di lei.
Quando ebbi compiuto 20 anni, Nabir, con il consenso di mio padre, iniziò a farmi viaggiare per vendere la sua merce e farmi guadagnare qualche soldo. Mi inviava spesso in un monastero dedito al culto di Ilvir al confine tra Tharda e Rethem, in una zona che poteva essere definita “regno di nessuno”, per vendere coperte di lana, tuniche, mantelli, sandali di cuoio e ogni altra sorta di oggetti che lui stesso produceva anche con il mio aiuto. A causa della distanza notevole arrivavo nel convento il tardo pomeriggio e ogni volta i sacerdoti mi invitavano a passare la notte nell’abbazia per poi ripartire alle prime luci dell’alba . Ebbi così modo di conoscere Niberius Tilvathor, un giovane novizio con cui m’intrattenevo spesso parlando di religione. Non sono mai stato preso da queste tematiche ma mi divertivo a difendere le mie ragioni atee come lui le sue idee di fede. I nostri discorsi duravano tutta la notte ed erano veri e proprio litigi, ma con il tempo ci unì l’unica cosa che avevamo in comune e che cresceva insieme al rispetto che nutrivamo l’uno per l’altro, una profonda amicizia.
Passarono 4 anni da quando frequentavo in modo abitudinario il convento, lo scopo principale era sempre quello commerciale. Niberius era ormai prossimo al suo ultimo esame per entrare definitivamente nell’ordine della sua chiesa. Mi confidò che ben presto si sarebbe recato di nascosto nella biblioteca di Coranan nel regno di Tharda per consultare dei tomi indispensabili per i suoi studi, contravvenendo così all'ordine dei suoi superiori di non lasciare il monastero. Ovviamente mi chiese di accompagnarlo e io ovviamente accettai.
Il viaggio era periglioso, avremmo potuto imbatterci in tribu Gozyda ed inoltre, la gente che veniva da Rethem, seppur non schierata “politicamente” come eravamo io e Niberius, non era certo ben vista a Tharda (nonostante la fragilissima e temporanea tregua tra i due regni rivali).
Per non dare troppo nell’occhio cercammo di nascondere la nostra provenienza e ci aggiungemmo quindi ad una carovana che partiva da un piccolo villaggio vicino al monastero, situato gia oltre il confine. Il convoglio era composto per lo più da gente dedita al commercio... e io stesso non fui da meno, portai con me una vasta scorta di corpetti in cuoio e di coperte varie.
Eravamo in tutto una ventina di persone distribuite su tre carri. Con noi viaggiava anche un vecchio che dagli abiti si sarebbe detto un nobile.
La carovana ovviamente non era un diretto per Coranan, ma proprio perché trasportava mercanti faceva diverse tappe passando per molti centri abitati di Tharda concludendo la sua “corsa” proprio nella capitale Coranan.
Alcuni giorni prima della partenza i 5 che conducevano la spedizione avevano sentito di alcune tribù barbare che erano stanziate proprio nelle principali vie che avremmo attraversato. Decisero quindi di provare nuovi sentieri allungando il viaggio di 3 giorni. Dopo 4 giorni di marcia mi accorsi però che ci eravamo persi. Sembrava vagassimo senza una meta precisa ed alla fine anche le nostre guide si arresero non riuscendo nemmeno più a leggere la nostra posizione sulle mappe. Ci accampammo in una radura mentre 3 dei nostri battistrada perlustravano la possibile via del ritorno. Il viaggio verso Coranan sembrava essere definitivamente abortito. Questo scatenò l’ira del vecchio nobile che evidentemente andava di fretta e del resto della comitiva che aveva anche pagato un prezzo non indifferente per essere scortata senza troppi disagi verso la meta prefissa. Presi quindi una decisione azzardata…mi staccai dal gruppo insieme a Niberius, al nobile ed altri quattro mercanti, mettendomi io stesso alla guida. Dopo un giorno di viaggio riuscii a ritrovare il ruscello che avevamo abbandonato prima della deviazione dalla rotta standard. Da lì in avanti a guidarmi fu solo la fortuna; finché dopo due giorni di cammino in mezzo alla foresta portai il gruppo in salvo in un piccolo centro abitato: il primo che vedemmo da dopo la partenza. Da li ci unimmo ad un'altra carovana raggiungendo le nostre mete. Il vecchio nobile fu palesemente impressionato dalla mia fortunosa impresa, credeva che conoscessi quelle foreste come le mie tasche. Volle a tutti i costi ingaggiarmi per un altro lavoro senza però spiegarmi di cosa si trattasse…
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